Cenni storici
Nella nuova
sistemazione urbana operata nel Cinquecento dal d'Avalos la
chiesa abbaziale fu dotata di un nuovo ingresso sul lato
orientale, il che testimonia anche l'avvenuta perdita di
significato delle simboliche regole di disposizione spaziale
delle chiese paleocristiane e medievali
(altare ad est - giorno, luce, sole / fedeli ad ovest - notte,
buio, tenebre) nella nuova epoca rinascimentale, che vede il
risveglio della ragione umana contro le credenze medievali. Il
nuovo ingresso della chiesa dava nel braccio sinistro del
transetto ed era divenuto necessario a seguito della costruzione
del nuovo spazio urbano formato dalla piazza creata tra la
chiesa e il vecchio palazzo feudale ristrutturato in forme
rinascimentali. Col tempo e colla maggiore importanza acquisita
dalla nuova piazza (anche a seguito della espansione urbana
seicentesca verso nord) questo divenne l' ingresso principale
della chiesa, mentre la facciata occidentale venne
progressivamente perdendo funzione, tanto da restare quasi
sempre chiusa, da aprire solo nelle principali ricorrenze
religiose. La nuova facciata orientale fu più volte
ristrutturata: sulla chiave di volta dell' arco d'ingresso
appare la data del 1898, che si riferisce all'avvenuto
completamento degli ultimi lavori importanti di modifica
sostanziale eseguiti.
Interno della chiesa
Inizialmente
la chiesa era formata da una unica navata con alcune cappelle
laterali. Tra fine Cinquecento e la metà del Seicento furono
costruite le navate laterali e iniziata la sistemazione della
zona absidale con decorazioni a stucco e coro in legno a tre
ordini di posti (oltre al nuovo ingresso). La seconda metà del
Seicento è dedicata soprattutto alla decorazione pittorica della
chiesa: vengono ordinate parecchie tele, tra cui i "quadri
grandi" dell'abside, e i supposti affreschi della cupola. I
primi decenni del Settecento vedono nuovi interventi murari: la
definitiva sistemazione dell'abside, le decorazioni in stucco
delle navate, la costruzione del nuovo altare maggiore; ma il
lavoro maggiore fu certo la nuova pavimentazione in marmo, con
l'abbassamento del piano di calpestìo (con grande sbancamento di
detriti) per ottentere maggiore altezza nella navata, che era
stata ridotta dalla realizzazione del nuovo soffitto ligneo in
cassettoni.
Soffitto
ligneo
Il
soffitto a lacunari di legno decorati in oro fu computo negli
anni a cavallo del 1700. Esso assolveva alla funzione di
ricoprire le travi e le capriate in legno a vista del tetto e
nel contempo a conferire alla chiesa un aspetto più ricco e
sontuoso. Al centro è incastonata una tela del 1699 che
raffigura S. Michele che scaccia il Diavolo. Questa tela è stata
a lungo al centro di una disputa attributiva poiché è firmata
con la sigla "L.G." in cui alcuni hanno voluto leggere la firma
del famoso pittore napoletano Luca Giordano. Oggi i dubbi sono
dissipati a seguito del ritrovamento delle carte attestanti il
pagamento dell' opera, fatto al pittore romano Luigi Garzi che,
pur non essendo altrettanto famoso del Giordano, fu tuttavia
pittore di livello, noto ed apprezzato nella sua epoca. Anche la
lunga incertezza nella attribuzione del dipinto, il fatto cioè
che sia stata così a lungo considerata come verosimile la
paternità del Giordano, testimonia a favore della qualità della
mano del Garzi. Una ingente quantità di oro fu impiegata per la
decorazione dei lacunari, eseguita da artigiani tra i più
richiesti nella capitale Napoli, a testimonianza della ricchezza
e della importanza della abbazia procidana.

Cupola
La cupola
centrale della chiesa, di netta impronta bizantina (così come in
molte altre chiese medievali della regione, che mantenne a lungo
contatti economici e culturali con Costantinopoli), ha forma
emisferica, impostata su di un alto tamburo che si basa su
grandi archi a tutto sesto, a loro volta poggianti su larghi
pilastri rettangolari. Sulla base del tamburo si aprono strette
e alte finestre che danno una buona illuminazione all'invaso. In
verità l' intera chiesa è ben illuminata dalle ampie finestre
della navata maggiore, aperte sopra il soffitto delle navate
laterali. Evidentemente la luminosità dell' ambiente
mediterraneo è riuscita qui a resistere alle spinte oscurantiste
della Chiesa controriformista, operanti non solo nei cerimoniali
religiosi ma anche nella pratica dello stile edilizio.
Affreschi
Oggi la cupola appare
interamente intonacata in bianco (il che aumenta la diffusione
luminosa) ma sembra che fosse interamente affrescata da un
pittore locale del '600, del quale restano solo i dipinti sui
quattro pennacchi del tamburo raffiguranti i 4 evangelisti
(ridipinti però nel corso dell'Ottocento). Secondo le
testimonianze raccolte da storici 800eschi gli affreschi della
cupola, un tempo orgoglio degli abati locali, raffiguravano la
Vergine Incoronata tra cori di angeli e beati. Il tamburo era
invece affrescato con scene dei cosiddetti "Misteri", ovvero
raffigurazioni simboliche (non realistiche) della Passione di
Cristo. Un fulmine colpì nel 1836 la cupola, scrostando in più
punti gli affreschi. I danni erano troppo ingenti per poterli
restaurare, così si optò per la definitiva rimozione.
Terrazza sul mare
L'assetto
attuale della chiesa venne definito dagli ultimi lavori di una
certa grandezza eseguiti nella II metà del secolo scorso che
restaurarono la facciata orientale e allargarono l' interno
verso nord con una nuova navatella e tre cappelle laterali,
conferendo alla pianta dell'edificio l' aspetto asimmetrico che
possiamo constatare oggi. In effetti non si poteva conseguire
più la completa simmetria a causa delle frane che nel tempo
hanno interessato il costone roccioso della Terra: oggi il lato
meridionale dell'abbazia (in particolare il terrazzo dietro la
Sagrestia, nella foto) si affaccia quasi a picco sul mare,
mentre antichi documenti attestano la presenza alle spalle
dell'abbazia (cioè prima di arrivare al costone) di
terrazzamenti nel terreno
coltivati
a vigneto. L' erosione naturale e l'indiscriminato sfruttamento
delle cave di tufo sottostanti hanno poi provocato le frane.
Santa Margherita
La abbazia
benedettina di S. Michele non è stato l' unico complesso
conventuale della Terra Murata: nel 1585 il cardinale Innico d'
Avalos concede ai frati domenicani di spostare la propria sede
da Santa Margherita alla Chiaiolella (sul promontorio di fronte
a Vivara) sul terreno prospiciente la punta meridionale della
Terra (da allora detta Punta dei Monaci), chiamando il nuovo
monastero con il nome di Santa Margherita Nuova. I dissesti
storici che il complesso ha subìto nel tempo a causa dei
cedimenti franosi del costone, in questa zona più gravi che
altrove, ha portato al definitivo abbandono nel secolo scorso
del complesso che non fu rimesso più in funzione dopo il Periodo
Napoleonico, che soppresse temporaneamente tutti gli ordini
religiosi. Nella foto la chiesa conventuale, di recente
restaurata dal Comune. |